Aron Hector Schmitz, Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, Marie-Henri Beyle.
La prima volta che ho letto questi nomi, non hanno acceso nella mia mente alcun tipo di campanello.
E scommetto neanche nella vostra, a meno che non siate loro accanitissimi fan.
Eppure hanno qualcosa in comune: sono i veri nomi di tre scrittori che hanno usato dei nomi fittizi per pubblicare i loro libri.
Proprio così, stiamo parlando di Italo Svevo, Pablo Neruda e Stendhal. Ora sì, forse li riconoscete.
Sono solo tre di una moltitudine di artisti che hanno celato, chi per breve, chi per lungo tempo, la loro identità dietro quella di qualcun altro, utilizzando l’affascinante espediente dello pseudonimo.
“pseudònimo: 2. s. m. Nome diverso da quello reale usato da uno scrittore, un poeta, un giornalista, un artista e sim. che non voglia o non possa firmare le proprie opere con il vero nome.”
Questa è la definizione che dà il Vocabolario Treccani dello pseudonimo. Ed è tra queste righe che si nasconde la reale essenza di questo artificio: nelle ragioni, più svariate, che possono portare qualcuno a compiere una scelta così significativa. Sì, perché un buon pseudonimo diventa tale solo quando entra nella memoria collettiva, quando è escogitato, per l’appunto, a regola d’arte.
Nom de plume, nomignolo, nickname. Comunque lo si chiami, nella storia della letteratura se ne sono serviti in tantissimi. Da Doris Lessing ad Agatha Christie, da Collodi a Joseph Conrad, passando per Stephen King e Fernando Pessoa, fino ad arrivare a J.K. Rowling. A volte il ricorso alla pseudonimia altro non è che un vezzo, una concessione a sé stessi per dimostrarci e dimostrare che siamo liberi di essere chi vogliamo. Ma non è del tutto così. Lo pseudonimo coincide sì con quello che di fatto è un nome d’arte, spesso infatti risulta essere la forma abbreviata o semplificata di un nome anagrafico troppo lungo, difficile da ricordare o da pronunciare. Tuttavia, le motivazioni di cui oggi siamo testimoni, nell’universo letterario, sono tra le più disparate.
Lo pseudonimo venne utilizzato da alcuni scrittori come espediente commerciale: avere un nome più nobile o più delicato poteva (e questa era convinzione comune) influire sul successo delle proprie opere. Carlo Lorenzini, per esempio, scelse il cognome Collodi; Marta Felicia Faccio, detta Rina, si fece chiamare Sibilla Aleramo. Bice Cairati e il marito Nullo Cantaroni si celarono sotto il nome di Sveva Casati Modigliani, pseudonimo inventato dall’editore della Sperling & Kupfer, Tiziano Barbieri Torriani, con l’intento di suggerire nobili ascendenti.

Di un atto di amore, invece, si trattò nel caso di Alberto Moravia, all’anagrafe Alberto Pincherle, che scelse di celebrare la nonna paterna utilizzando il suo cognome da nubile. O in quello di Umberto Saba, nome d’arte di Umberto Poli, che fece lo stesso per omaggiare la sua balia, Peppa Sabaz. Anche gli scrittori Svevo e Neruda, che hanno aperto questo articolo, diedero prova di estro: i loro nomi rendono omaggio rispettivamente alle origini italiane e tedesche del primo e alla stima del secondo nei confronti del poeta cecoslovacco Jan Neruda.
Per alcune artiste dell’Ottocento però, l’assunzione di una nuova identità equivalse a una vera e propria necessità. Parlare di tematiche “scomode”, come la visione paternalistica della società di quel tempo o la tutt’altro che paritaria condizione della donna in quegli anni, non era possibile se a farlo erano giovani scrittrici. Per questo motivo, e per sfuggire al pregiudizio profondamente radicato nel pensiero comune, molte di loro si nascosero per qualche tempo dietro pseudonimi maschili.
Tra il 1863 e il 1872, Louisa May Alcott, la celebre autrice di Piccole Donne, scrisse in modo anonimo almeno trentatré thriller gotici per riviste e giornali popolari
Tra il 1863 e il 1872, Louisa May Alcott, la celebre autrice di Piccole Donne, scrisse in modo anonimo almeno trentatré thriller gotici per riviste e giornali popolari come The Flag of Our Union, e pubblicò quattro di questi sotto il nome di A. M. Barnard. Cominciarono a essere riscoperti solo nel 1975, a seguito dell’intenso lavoro di ricerca e di ri-pubblicazione della studiosa Madeleine B. Stern.
Anche per le sorelle Brontë lo pseudonimo fu molto più che un gioco letterario. Nel 1846 Charlotte, Emily e Anne pubblicarono, senza successo, una raccolta di poesie utilizzando i nomi Currer, Ellis e Acton Bell. L’anno dopo, quando Charlotte inviò a un editore inglese il manoscritto di Jane Eyre, anche questa volta firmandosi Currer Bell, quest’ultimo diventò un bestseller e fece da apripista alla pubblicazione di Cime Tempestose di Ellis Bell e Agnes Grey di Acton Bell. Le Brontë furono costrette a venire allo scoperto quando, poche settimane dopo l’uscita dei romanzi, un editore insinuò pubblicamente che fossero opera dello stesso scrittore.
“Contrarie a esporci personalmente, nascondemmo i nostri nomi sotto gli pseudonimi di Currer, Ellis e Acton Bell: la scelta ambigua fu dettata da uno scrupolo ad assumere nomi inequivocabilmente maschili, pur non amando dichiarare il nostro sesso perché, anche se allora non sapevamo che il nostro modo di pensare e di scrivere era ben lontano da quello femminile, avevamo la vaga impressione che alle autrici si guardasse con pregiudizio: avevamo notato che la critica usa, per condannarle, l’arma della personalità e, per lodarle, una lusinga che non è vero apprezzamento.”
Espressione di identità plurime, creatività, licenza creativa, protezione.
Non solo: per alcuni lo pseudonimo fu anche una strategia e una sfida al mercato editoriale.
Fu questo il caso dello scrittore francese Romain Gary (nom de plume di Romain Kacew), la cui carriera venne additata dalla critica letteraria francese come spacciata dopo che vinse il prestigioso premio Goncourt nel 1956. Da quel momento scelse di firmare segretamente i suoi romanzi come Émile Ajar, e proprio sotto questo nome vinse, per la seconda volta, nel 1975, lo stesso premio. Per scelta di Gary, la vera identità di Ajar, fino a quel momento attribuita a Paul Pavlovitch, che aveva sostenuto il ruolo di Ajar di fronte alla stampa e all’opinione pubblica, fu svelata solo dopo il suo suicidio.

Una delle più recenti scoperte d’identità tenute nascoste è quella dell’autrice di Histoire d’O, romanzo erotico che scandalizzò l’Europa nel 1954, scritto dalla giornalista Anne Cécile Desclos sotto le spoglie di Pauline Réage. Le sue vere generalità furono confessate dall’autrice stessa nel 1994, quarant’anni dopo l’uscita del libro.
La scelta dell’utilizzo di un nome falso, seppur spesso dettata dalla paura e da ingiustificate norme sociali a cui non tutti, nella storia della letteratura, hanno potuto sottrarsi, mi ha tuttavia sempre magnetizzata.
Penso a Pessoa, che come un equilibrista si destreggiò tra le sue quattro identità per tutta la sua vita, definendo lui stesso il suo gioco di specchi letterario come “un tratto profondo di isteria che esiste in me”. A Simenon, un genio dello pseudonimo, il quale ne arrivò a usarne più di ventisette. E a Stendhal, che il suo vero nome non lo utilizzò mai, neanche sulla propria lapide.
“Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga scoperto”
scrisse Italo Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore. E suona come un invito, questo, a perdersi tra le vie labirintiche della letteratura, a superare i limiti della realtà ordinaria e a scoprirsi attraverso il disvelamento della propria identità. Perché, che ci piaccia o no, la complessa arte del nascondersi va aldilà di ogni pretesa di verità o trasparenza, risiede all’interno di ognuno di noi e ci sfugge ogni qualvolta scegliamo di scrivere e di essere qualcun altro. Per un attimo, o per tutta la vita.
Giulia Lauria, editor e ghostwriter italiana espatriata nei Paesi Bassi.
Si dedica alla cura delle storie e ai legami tra le parole.
Trovala su Instagram e LinkedIn
La virgola è la porta girevole del pensiero.
Se tutti sapessero di più su ciò che ci circonda, il mondo sarebbe un posto migliore. Il nostro magazine di divulgazione culturale è gratis e libero, così da permettere a tutti di sapere di più.
Se ti piacciono i nostri articoli, potrai contribuire anche tu a raggiungere questo scopo.