Come la lettura può renderci degli esseri umani migliori.

Leggere è una questione di scelta. Abituati all’informazione audiovisiva, davanti a una pagina piena di parole abbiamo un rifiuto automatico e incosciente, dimenticando che la nostra mente è capace di vedere cose senza vederle davvero con gli occhi; si chiama immaginazione e non funziona solo nei sogni. La lettura è allora un allenamento. Ma a cosa? 

In una quotidianità in cui tutto è votato all’efficienza, alla rapidità e al progresso, la lettura diventa un rifugio fuori dal tempo e dallo spazio in cui prenderci cura della nostra umanità. Se pensiamo alla lettura non tanto come qualcosa che si fa, ma piuttosto come qualcosa che si è, leggere assume un significato diverso da quello che gli viene dato comunemente. Essere una lettrice, un lettore, diventa un modo di essere, di vivere, di sperimentare e processare la realtà. La lettura influenza la nostra percezione e relazione con il tempo, la plasticità della nostra mente e la nostra capacità di introspezione. 

Prodotto della cultura dell’immediatezza è il sempre più profondo desiderio di ottenere resultati immediati, una soddisfazione rapida ed efficace, il massimo beneficio col minor sforzo e nel minor tempo possibile. Il tempo è percepito come qualcosa che scorre, sempre più veloce, che bisogna rincorrere per non sprecare nessuna opportunità e in un mondo dalle infinite possibilità occorre scegliere quella giusta e anche in fretta. Se si legge un libro, quindi si richiede che la soddisfazione si incontri fin dalla prima pagina, che si legga velocemente e, cosa più importante, che il tempo speso in quest’azione sia motivato, generi un guadagno.

L’Italia ha un indice di lettura tra i più bassi d’Europa, secondo l’ultimo rapporto Istat il 41,4% della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno 1 libro nell’ultimo anno per motivi non strettamente scolastici o professionali e solo il 15,2%, i “lettori forti”, hanno letto almeno 12 libri nell’ultimo anno.

Ci avviciniamo alla lettura da bambini, quando si legge per imparare a leggere, e questa è una fase di scoperta, la lettura è piacevole. Lentamente leggere si tramuta in dovere e necessità, si comincia sempre più a leggere per apprendere qualcosa su cui si verrà esaminati, la lettura si associa quindi a una serie di sensazioni per nulla piacevoli e ansiogene. Infatti, la lettura per piacere e quella per dovere e necessità sono molto differenti. In un caso si legge in maniera rilassata e interessata, una lettura votata alla comprensione globale, nell’altro si legge in maniera attenta in cerca di informazioni utili, una lettura selettiva, analitica. Se l’obiettivo della lettura è allora trovare informazioni utili, oggi abbiamo a disposizione strumenti più veloci ed efficienti. Solo alcuni decenni fa i libri erano la principale fonte di apprendimento, oggi grazie ad internet la lettura di libri è diventata sempre meno necessaria sia nello studio che nel lavoro. Perché dedicare ore alla lettura di un libro se ho a disposizione un breve articolo o video che mi fornisce tutte le informazioni in poco tempo? 

Nel giro di una cinquantina d’anni, infatti, gli schermi di telefonini e computer sono diventati sempre più interattivi e maneggevoli, al punto che oggi non potremmo immaginarci senza e trascorriamo gran parte del nostro tempo da svegli davanti a uno schermo. Di fronte alla miriade di contenuti disponibili la nostra curiosità prevale sull’attenzione, ciò che vediamo, leggiamo e ascoltiamo si fa sempre più breve, superficiale e sensazionale. Nella società della performance, come l’ha definita Marcuse, diamo valore a noi stessi e all’uso del nostro tempo attraverso attività che ci stancano mentalmente e fisicamente per guadagnarci del tempo libero che poi non abbiamo la forza di vivere. Cerchiamo un momento di riposo e relax in cui non fare nulla e gli schermi incoraggiano questa disposizione intrattenendoci mentre ce ne stiamo pigramente sdraiati su un divano per tutto il giorno. 

Leggere un libro per piacere diventa, allora, qualcosa di raro. L’Italia ha un indice di lettura tra i più bassi d’Europa, secondo l’ultimo rapporto Istat il 41,4% della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno 1 libro nell’ultimo anno per motivi non strettamente scolastici o professionali e solo il 15,2%, i “lettori forti”, hanno letto almeno 12 libri nell’ultimo anno. Alla domanda sul perché non si legge solitamente si risponde con motivazioni quali la mancanza di tempo, l’alto costo dei libri, il non sapere cosa leggere. Queste motivazioni riflettono una mancanza di motivazione poiché siamo generalmente liberi di scegliere come trascorrere il nostro tempo libero, i libri possono essere presi in prestito in biblioteca o da amici oppure si possono acquistare usati e la mancanza di gusti in materia di lettura è legata alla mancanza di sperimentazione. 

Leggere è, quindi, una questione di scelta. Abituati all’informazione audiovisiva, davanti a una pagina piena di parole è come se avessimo un rifiuto automatico e incosciente, dimenticando che la nostra mente è capace di vedere cose senza vederle davvero con gli occhi; si chiama immaginazione e non funziona solo nei sogni. La lettura è un’attività tutt’altro che passiva che ci impegna attivamente e sì, ci stanca. Mentalmente. Non è però, almeno non dovrebbe essere, quella stanchezza mentale alla quale siamo ormai abituati, legata alla produttività, allo stress e all’ansia; somiglia, piuttosto, alla stanchezza di un corpo dopo un qualche tipo di esercizio fisico. Alcuni definiscono questa stanchezza piacevole e soddisfacente. Entrambe, infatti, determinano il rilascio di dopamina e serotonina. La lettura è allora un allenamento, a cosa? 

Una delle problematiche più ricorrenti in quella che Bauman ha definito realtà liquida, è l’incapacità di coltivare relazioni con l’altro, l’incapacità di riconoscere l’altro come diverso e uguale allo stesso tempo. C’è una difficoltà a comprendere e ad ascoltare l’altro che in ultimo non riflette che una difficoltà a comprendere e ad ascoltare sé stessi.  Nel II secolo a. C., millenni fa, Terenzio scriveva “homo sum humani nihil a me alienum puto”. Una frase capace di trattenere in sé l’essenza ultima della relazione tra esseri umani: “sono un essere umano, niente di ciò che è umano mi è estraneo”. Un’altra persona, per quanto diversa possa essere da noi, in ultimo rimane una persona come noi. Una persona, per quanto simile a noi possa essere, in ultimo rimane una persona diversa da noi, unica nella sua esistenza. Potrebbe sembrare un ossimoro, un paradosso, però forse ci sembra tale soltanto perché siamo abituati a vedere il mondo in maniera semplicistica, binaria, “o è bianco o è nero”. Ci dimentichiamo, per comodità, che la vita, però, è fatta piuttosto di una vastissima scala di grigi con cui è più complesso avere a che fare; più facile ricondurli a uno o all’altro estremo. È esattamente in questo meccanismo di semplificazione della realtà che perdiamo noi stessi, la nostra umanità. 

La lettura ci inserisce nel mondo della comprensione e dell’utilizzo del linguaggio, che è lo strumento più importante del pensiero e della relazione; infatti, oltre a fornirci la chiave per comprendere il nostro inserimento nel mondo, ci dona un sistema di coordinate per esprimere il nostro rapporto con l’altro e, quindi, la possibilità di comunicare.

Allora è qui che entra la lettura nella nostra vita. Negli anni ’50 del secolo scorso Calvino scriveva che le cose che insegna la letterature sono poche ma insostituibili: a guardare sé stessi e l’altro, a mettere in relazione fatti personali e fatti universali e dare il giusto valore alle cose, a considerare i propri e altrui limiti, a trovare proporzione nella vita e in essa il posto dell’amore e della morte, della tristezza e della felicità, della rabbia e dell’ironia e di tante altre cose necessarie e difficili. La lettura, attraverso una sorta di amplificazione della realtà ci permette di vivere la vita di qualcun altro, sentire ciò che sente il protagonista della storia nel profondo di noi stessi, quasi come se fossero emozioni, pensieri, sensazioni nostre e allo stesso tempo sapere che sono di un altro. Si sviluppa in noi la capacità di entrare in empatia con ciò che è altro da noi, immedesimarsi e (ri)conoscere una parte del sé nell’altro. E allo stesso tempo, dopo aver indossato le scarpe dell’altro ci rendiamo conto che non sono le nostre, e allora dopo esserci esposti, sperimentato cosa significa essere altro torniamo nelle nostre scarpe con una consapevolezza dell’altro e di sé che viene dal profondo. Non si tratta di capire l’altro, ma sentirlo in sé uguale e diverso allo stesso tempo. Leggendo facciamo, quindi, esercizio di comprensione umana. 

La lettura ci inserisce nel mondo della comprensione e dell’utilizzo del linguaggio, che è lo strumento più importante del pensiero e della relazione; infatti, oltre a fornirci la chiave per comprendere il nostro inserimento nel mondo, ci dona un sistema di coordinate per esprimere il nostro rapporto con l’altro e, quindi, la possibilità di comunicare. Un paese in cui non si legge è un paese immaturo, in cui le persone non sanno dialogare perché non sanno comprendere, che affrontano discussioni come se fossero scontri, in una confusione di voci che cercano di sopraffarsi non solo per una volontà di prevalere ma anche per l’incapacità di ascoltare ed esprimersi. Attraverso la lettura si può costruire un paese in cui le persone siano condotte verso la comprensione e la conoscenza, ovvero verso la vera libertà, in cui le persone siano capaci di ascoltare e rispettano l’altro, indipendentemente da ciò che ci differenzia e da ciò che ci accomuna, in quanto umano e in quanto individuo. 

La virgola è la porta girevole del pensiero.

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