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“La vita è una faccenda serissima”. Le metamorfosi empiriche di Franco Battiato.

Presenza eclettica, dotata di rara versatilità, votata alla sperimentazione, la vita artistica (e privata) di Franco Battiato ci insegna le gioie del cambiamento. Senza mai farci sottomettere dalla paura della trasformazione e dal rischio della contaminazione.

Cambiamento. Parola baricentro di un sistema organico il cui equilibrio è determinato dalla presenza ai poli opposti di stimoli differenti capaci di convivere integrandosi e scontrandosi.
Si può cambiare idea, strada, partner, lavoro. Più o meno tutto nella vita può prendere una piega diversa da quanto ci aspettiamo. A volte si tratta di un evento istigato da cause esterne, mentre altre, invece, sono le persone stesse a impegnarsi affinché avvenga una trasformazione.
In entrambi i casi cambiare corrisponde a una forza rivoluzionaria in grado di scomporre paradigmi e abitudini stimolando evoluzione, un moto fisico ed emotivo indispensabile alla crescita.

Lo evidenzia la stessa parola greca da cui il termine deriva: kàmbein, curvare, che al contrario della linearità dell’adattamento richiama alla mente flessibilità. Ci ricorda la capacità di cui siamo dotati, la possibilità di reagire e rompere uno schema prestabilito, tentando nuove soluzioni per superare un ostacolo, un problema oppure i nostri limiti.
Può sembrare un meccanismo semplice da attuare in teoria, eppure sappiamo bene che nella pratica non risulta facile stimolarlo o adattarsi al cambiamento, nonostante se ne senta la necessità oggi più che mai a causa delle numerose criticità che siamo chiamati a gestire.
A bloccarci, sopra ogni altra cosa, sono le paure generate dai rischi dell’ignoto, l’eventualità di commettere errori, il peso opprimente dell’irreversibilità.
Così spesso si preferisce rimanere immobili, fermi a guardare le cose accadere, la vita succedere passivamente.
Eppure basterebbe solo fare la prima mossa. Compiere un passo mentale accettando la natura evolutiva di noi esseri umani e considerare il cambiamento nella prospettiva suggerita da Lev Tolstoj, ovvero come possibilità di lavorare su se stessi impegnandosi a una scala ridotta in modo da entrare gradualmente, con minore sforzo, all’interno di un meccanismo grande e complesso per riuscire a influenzarlo.

Considerazione che di riflesso mi rimanda all’esempio di Franco Battiato, all’approccio da lui attuato nella gestione del binomio ‘carriera artistica vita privata’ e grazie al quale, senza l’aiuto di riferimenti da seguire, è riuscito a rendere l’evoluzione uno strumento di esplorazione con cui farsi strada dentro una nuova, personale, visione del mondo. Anche se in maniera inconsapevole, spinto dalla volontà di non compromettere la sua essenza, ma ad ogni modo plasmando una dimensione spazio temporale diventata di riferimento per la collettività.
Una vita scandita da indagini empiriche, costantemente anteposte allo studio teorico poiché rivolte a rafforzare la poetica personale dell’artista e un bagaglio di conoscenze definito esclusivamente in base all’esigenza di alimentare il proprio sapere. Una storia ripercorsa per l’ultima volta prima di ritirarsi dalle scene nel 2018 attraverso un avvincente dialogo con Giuseppe Pollicelli, denso di ricordi e parole, successivamente pubblicato con il titolo Temporary Road, (una) Vita di Franco Battiato.

Presenza eclettica, dotata di rara versatilità, votata alla sperimentazione e predisposta al mutamento, senza dubbio Battiato ha fatto della temporaneità il suo marchio di qualità e per questo motivo la strada da lui percorsa non potrebbe avere definizione più appropriata di temporary road.
Perché nell’attraversare culture, religioni, linguaggi e filosofie, ogni passaggio, tratta, svolta o sosta sono stati indispensabili a maturare la capacità compositiva con cui ha caricato la produzione artistica di una particolare espressività.
A un certo punto ho capito che il mio destino è quello di fare da ponte tra il mondo superiore e quello ordinario […] di essere venuto al mondo soprattutto per uno scopo: far conoscere alla gente argomenti ardui grazie a una musica fornita di una forte capacità comunicativa”.
Senza mai farsi sottomettere dalla paura della trasformazione, dal rischio della contaminazione, dall’incertezza derivante dal vivere una condizione di sospensione nell’attesa che i tentativi attuati si rivelino essere successi o fallimenti. Lui che ha fatto della reincarnazione un atto di fiducia verso il mistero della vita e dell’universo intero, ci dimostra come sia possibile non finire imprigionati nella forma delle cose, superando la materia per approfondire i significati e porli in relazione liberi da qualsiasi vincolo.

Allora non appare per nulla azzardata la scelta di praticare il cinema senza aver mai appreso la tecnica cinematografica; di essersi deciso a studiare la notazione solo dopo anni di carriera, dietro suggerimento di Karlheinz Stockhausen; di aver ‘temporaneamente’ interrotto la ricerca in ambito musicale per dedicarsi alla pittura come esperimento creativo ed esercizio di autoanalisi rivolta al miglioramento di sé. Oppure, per quanto bizzarra, anche la trasposizione dei cardini del buddismo nella musica elettronica, se contestualizzata, acquista una particolare coerenza dovuta al riprendere il metodo delle citazioni e frammenti utilizzato per creare linguaggi complessi e unici, corrispondenti solo alla sua visione delle cose.
Un’angolatura che ridimensiona anche il peso degli errori, considerandoli sbagli necessari ad “aggiustarti il tiro”, e dalla quale ci invita a favorire le trasformazioni guardando a ogni fase della nostra esistenza come a un dono utile per elevarsi. Perché, come ama ricordarci, “la vita è una faccenda serissima”.

Anna Gallo, PhD in Design e Innovazione, autrice e ghostwriter. 
Il suo campo di ricerca indaga l’archivio come luogo dinamico di conoscenza.
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