Bisognava ammetterlo: l’ispettore Morelli era emozionato, ma se lo meritava.
Dopo quattro anni passati a riordinare l’archivio dei casi irrisolti, gli era stato finalmente assegnato un omicidio. Questi cinquemila euro spesi per il master in “Investigazione scientifica e analisi della scena del crimine” avrebbero dato finalmente i loro frutti, altro che lo studio dei vecchi fascicoli, come gli aveva ordinato il suo capo.
Il caso era semplice: si trattava di uno cuoco di circa cinquant’anni. Probabilmente un divo dei programmi culinari di Sky che aveva aperto da tempo un lussuoso ristorante in via Monferrato. Uno di quei posti dove ti servono tre agnolotti, un involtino e un cucchiaino di spuma come dessert spacciandoli per la degustazione dello chef (ottanta euro a testa, per intenderci).
La realtà è che, a seguito del suo successo, chef Mandrago era sicuramente entrato in qualche giro di donne, droga, soldi, magari pure mafia. Ma a questo punto, le prove sarebbero state per lui così banali da individuare che Morelli avrebbe risolto il caso giusto in tempo per partire per la settimana bianca senza pensieri.
Come compagno di squadra gli avevano assegnato Levrini, un matusa della polizia prossimo alla pensione, che vantava un solo caso non risolto nella sua lunga carriera. Morelli ne aveva sentito parlare: lo chiamavano “il battesimo dell’euro”, perché, appunto, era stata in assoluto la prima rapina in tutta Europa dopo l’entrata in vigore dell’euro. Era avvenuta in una banca in pieno giorno. Ogni singola testata estera aveva ironicamente commentato che non era certo un caso che la prima rapina della nuova moneta fosse avvenuta in Italia. Uno dei due rapinatori era stato tradito dal suo compagno, che si era poi volatilizzato con tutto il bottino. Il clamore mediatico e la tensione avevano portato Levrini ad un esaurimento nervoso e da allora era diventato burbero, taciturno e decisamente poco conviviale. Dicono che pure la moglie l’avesse scaricato. Poco gli era valso perché il caso era tutt’ora irrisolto. Pazienza, tanto l’indagine sarebbe durata poco.
La scena del crimine era, più che altro, una normalissima cucina. Contrariamente a quanto si era immaginato Morelli, la Giada non era affatto un ristorante di lusso, ma piuttosto una trattoria dove le tovaglie erano a scacchi e si degustava probabilmente ottima cucina piemontese. Allo stesso modo, con tutta delusione di Morelli, Mandrago non aveva mai fatto televisione, e, certamente, non sembrava dedito alla malavita. Era un omone grosso, con barba e baffi neri che gli riempivano il viso paffuto. L’avevano trovato lì, disteso nella sua cucina, con addosso una salopette di jeans e ancora una cipolla in mano, e il cranio spaccato in due.
Levrini grugnì alla vista di Morelli e quando questi iniziò a infilarsi i guanti in lattice e a raccogliere ogni minimo granello di polvere con un paio di pinzette da chirurgo per custodirlo come una reliquia, si mise a guardare distrattamente il menù. Tanto l’avrebbe visto pure un cieco: non c’era nulla di utile in quella cucina.
Vitello tonnato, tomino al verde, agnolotti plin, tagliolini al tartufo, arrosto alla giada.
L’acquolina gli stava lentamente salendo in bocca mentre immaginava distintamente i sapori di tutti i piatti che sua moglie, la sua ex moglie a dire il vero, sapeva cucinare benissimo. Tranne questo arrosto che non riconosceva, ma che doveva essere delizioso: La Giada era nota in tutta la città.
Comunque doveva smettere di bere così tanto la sera, non era certo normale farsi venir fame davanti a un cadavere.
Proprio quando Morelli aveva deciso che il suo lavoro da artigiano era finito, Levrini borbottò qualcosa circa un aiuto cuoca che li stava aspettando nell’altra stanza. La donna era anche lei piuttosto in carne, continuava a piangere come una fontana e, nemmeno su questo Morelli e Levrini concordavano, non ne avrebbero ricavato nulla. Morelli continuava a cercare di ricostruire meticolosamente le ultime giornate di vita di Mandrago, mentre Levrini aveva ripreso a studiare il menù.
– Com’è quest’arrosto alla giada, signora? – chiese, incurante di Morelli che aveva appena chiesto alla signora di spiegare esattamente cosa intendesse quando sosteneva che “ultimamente Mandrago era dimagrito”.
– Oh è la specialità della casa, è cotto al forno con foglie di albero di giada che il signor Mandrago coltiva personalmente sul suo balcone…cioè coltivava.
E giù in lacrime.
In realtà lo interessava, molto di più del caso, scoprire cosa fosse questo albero di giada per provare a fare l’arrosto. Più tardi avrebbe guardato online.
L’indomani, a casa di Mandrago, Levrini non sapeva se i movimenti guardinghi e meticolosi di Morelli gli ricordassero più un ninja o un cane da tartufo. Lui, se Dio voleva, tra 17 giorni si sarebbe ritirato in pensione e cari saluti a tutti. Sul balcone spiccavano le piantine di giada, prelibato segreto dell’arrosto di Mandrago. Era assolutamente necessario che Levrini ne sradicasse una per potersela piantare a casa propria in modo da partire avvantaggiato con il suo arrosto. Sarebbe stato facile, Morelli non se ne sarebbe nemmeno accorto: era troppo intento a raccogliere le impronte digitali da una cornice con una specie di pennellino da barba. Quella foto ritraeva due giovani sorridenti, uno era Mandrago una ventina di anni e (forse anche una quarantina) di chili prima. L’altro pure era un viso in qualche modo famigliare, ma va a sapere di chi, probabilmente un ragazzo come altri mille.
Levrini iniziò a scavare con il dito nella vasca piena di terra, quand’ecco una mazzetta di contanti accuratamente avvolta nel cellophane comparve, poi un’altra e un’altra ancora. Questa volta era Levrini a sembrare un cane da tartufo, scavava e scavava, e più scavava, più comparivano mazzette di banconote. Incredulo Levrini se ne avvicinò una al viso, su ogni banconota era riportato l’anno di stampa: 2002.
Uno tsunami di ricordi lo travolse. 2002: l’anno di introduzione dell’euro, le banconote rubate della prima serie, la rapina. Il ragazzo della foto, ma certo! Uno dei rapinatori, quello incastrato dal suo socio e rilasciato per buona condotta, soltanto il mese prima. L’albero di giada, altrimenti detto, secondo Google, l’albero dei soldi. E poi Mandrago, 40 chili prima, così simile a tutti gli identikit disegnati all’epoca. Non ci poteva credere, a 17 giorni dalla pensione, Levrini aveva risolto il caso, anzi i casi.
Sradicò un bel pezzo di pianta con tutta la radice e delicatamente se lo mise in tasca. Con un sorriso rientrò in casa a vedere cosa diavolo stesse combinando Morelli.
Questo racconto è stato scritto dall’autore durante il corso di Scrittura Creativa de Il Melograno, condotto da Marco Caponera.