Il sapore dell’acqua

Mi chiamo Terry e sono una pallina da tennis coraggiosa.
A noi oggetti è proibito bere l’acqua. Si dice che sia pericolosa e che una volta che la si assaggia poi si è destinati a scomparire per sempre. Sin da quando sono nato mia madre mi ha ripetuto di starne lontano, ma più lo diceva e più diventavo curioso. Finora non le ho mai disobbedito. Oggi però si è presentata l’occasione giusta e sinceramente non riesco proprio a resistere. Devo scoprire qual è il sapore dell’acqua. Dopo ogni partita, Mario l’umano mi riporta a casa, una vecchia sacca che puzza di muffa. Oggi, invece, mi ha dimenticato qui, sul tavolo della cucina. Non ci sono bicchieri d’acqua vicino a me e il lavandino è troppo alto. L’unica opzione per trovare un pò d’acqua è raggiungere il salone. Forse lì c’è. Una volta, mentre tornavo da una partita, ho visto un bel bicchiere d’acqua su Mr. Table, una creatura davvero scorbutica che si crede un tavolo reale, quando invece è un tavolino da sala basso e crepato dove gli umani ci poggiano solo i piedi. 
Il primo passo è scendere da questo tavolo con l’aiuto della sedia.
– Sarebbe tanto gentile da farmi scendere? – chiedo.
La sedia mi guarda e sorride. Si tira indietro con un leggero movimento. Rotolo pian piano e poi di botto cado giù, sul tappeto. Un atterraggio morbido di prima classe.
– Dove vai ragazzo? – mi chiede la sedia
– Vado a scoprire il sapore dell’acqua.
La sedia di colpo cade all’indietro, per poco non ci rimango secco. Non riesce a muoversi, ma grida e balbetta sillabe senza senso. Poi alla fine riesce a dire:
– Se..se..sei matto?!
Mi guarda sdraiata a terra con occhi spalancati e le gambe su per l’aria. Cerca di dirmi qualcosa, ma ha il respiro affannato e non riesce a parlare. 
Non le faccio caso. Non mi fermerò di certo per una stupida sedia ultrafobica e ansiolitica. Devo scoprire di che sapore è l’acqua. Cerco di rotolare verso il salone, ma il tappeto comincia a raggrinzirsi e non riesco più a muovermi.
– Ragazzo non andrai da nessuna parte! Torna dalla tua mamma! – Mi dice l’arazzo con fare altezzoso.

In un baleno mi tornano in mente tutte le raccomandazioni di mia madre quando uscivo a giocare con i miei amici. Finiva sempre ogni sua frase dicendo “Mi raccomando, fa il bravo e sta lontano dall’acqua”.
Mi chiedo perché hanno tutti così paura di qualcosa che neanche conoscono. Come fanno a resistere e ad accontentarsi di quattro leggende sparate a caso da chissà chi. Preferiscono tutti vivere assetati e credere a qualcosa che ha detto qualcuno chissà quando. Le leggende servono solo a nasconderci quanto di più bello c’è a questo mondo. E se l’acqua invece sapesse di fragola mischiata con la panna? O magari di cioccolato, o kiwi americano. Come si può rimanere nell’ignoranza e nella paura per tutta la vita. Io non vivrò tutta la mia vita senza conoscere di che cosa realmente sa l’acqua.
– La prego mi lasci passare – chiedo al tappeto che nel frattempo si era fatto tutte grinze.
– Non se ne parla ragazzo! – risponde, accennando un sorrido di sfida.
Rotolo indietro, una lunga rincorsa, un colpo di reni e passo la prima grinza. E così la seconda, e poi la terza, fino all’ultima. Sono sudato e ho il fiato corto. Guardo davanti a me. Il prossimo passo è uscire dalla cucina ed entrare finalmente nel salone. 
La porta della cucina è semi aperta. Mi avvicino rotolando a fatica. Non sono mai venuto fin qui da solo.
Una volta arrivato, la porta mi guarda con sospetto. Gia leggo nei suoi occhi quello che sta per chiedermi.
– Dove vai ragazzo?
– Vado a chiedere una cosa a Mr. Table.
– E che cosa?
La storia si complica, ma un colpo di genio mi salva..
– Se è vero che i piedi degli umani puzzano di gallina.
La porta sbotta a ridere e mi fa spazio, aprendosi un poco di più per farmi passare. Davanti a me un enorme salone caldo. L’aria sa di cannella, e la luce che entra dalle finestra disegna sul muro davanti a me un gioco di ombre psichedelico. Rimarrei ore a guardarlo, ma la mia missione mi chiama. 
Sento la voce di Mr. Table. Si sta lamentando del caldo con Mr. Sofà, un divano sfortunato destinato a sorbirsi quel tavolino saccente. Mi avvicino pian piano, cercando di non essere visto. Mi nascondo dietro una scarpa e cerco di vedere se c’è il bicchiere d’acqua. È proprio li, su Mr.Table. Guardo l’acqua da lontano. Se ne sta li, come un’essenza immobile e maestosa. Il desiderio mi sale da dentro, il cuore comincia a battere più veloce, lo sento pulsare sempre più forte, come se nelle mie orecchie si fosse annidato un fabbro che sbatte furioso il martello su di un’incudine rovente.Un calore mi sale da dentro, devo escogitare un piano. 
Ma una voce da dietro mi assale.
– E tu chi saresti?
Cavolo, la scarpa si è accorta di me.   
– Mi Chiamo Terry, sono una pallina da tennis.
– Questo lo vedo. Che cosa ci fai qui?
La sua voce è ruvida ma gentile. I sui graffi e le sue macchie lasciano intendere che ne ha viste tante. Mi guarda curioso, inclinando la testa verso sinistra, come chi guarda un insetto mai visto prima. 
Meglio non rispondere, se mento se ne accorgerebbe. Mi volto per controllare che il bicchiere d’acqua sia ancora li. Mr.Table continua a parlare e Mr.Sofà  ascolta annoiato accendano uno sbadiglio tra i suoi morbidi cuscini. 
– Ahh adesso è chiaro..sei sicuro di quello che fai ragazzino?- mi dice la scarpa sorridendo tra i suoi lacci ingialliti. Mi guarda accennando un sorriso tipico non di chi scruta qualcosa, ma di chi la compatisce.
Poi riprende:
– Sai la curiosità e la tenacia sono doti che possono uccidere se non controllate..-
Lo guardo senza rispondere, ma la scarpa legge i miei occhi e continua:
– Reprimere il desiderio di conoscenza però è un crimine. Bisogna sapere dove si va e riconoscere il limite da non oltrepassare. Solo così si comprende il senso delle cose…il perchè di certe leggende..
– Tu sai qualcosa? – riesco a chiedergli
– So solo che per ogni cosa c’è una spiegazione, e che questa viene data solo a chi la chiede –
Rimango a guardarlo senza capire, quando si piega verso di me mostrandomi il suo collo vuoto.
– Forza entra dentro – mi dice.
Rimango a guardare quel collo vuoto di una scarpa ambigua. L’adrenalina assale il mio corpicino tondo e lo fa suo. Come un burattinaio, l’eccitazione si impadronisce di me, facendomi salire d’un balzo nel collo oscuro di una scarpa di cui non so neanche il nome. Sento che ci stiamo muovendo, ma non so verso dove. 
Rotolo a destra e sinistra, urto ogni lato, perdo l’orientamento tanto da non sapere più dove sono. L’unica cosa che riesco a sentire è la voce soffusa di Mr.Table che continua a maledire il caldo asfissiante delle estati milanesi. 
D’un tratto tutto si ferma.
– Buongiorno Mr.Table, le spiace se mi riposo un po’ sopra di voi? – È la voce della scarpa..la sento talmente bene che sembra quasi come se a parlare sia io.
– Buongiorno Mr. True, ma certo! Come sta Miss. Happiness? – chiede Mr. Table stranamente gentile
– Sta bene, anche lei soffre il caldo ma riesce a riposare lo stesso – risponde la scarpa
– Avete sentito anche voi questo caldo bestiale, non si sopporta. Non capisco perchè non compra un condizionatore questo spilorcio di umano.
– Avete proprio ragione – risponde Mr. True.
D’un tratto il silenzio. È buio intorno a me. Una voce da dentro sussurra “Esci”.
Mr. True si inclina e davanti a me si mostra la più bella visione della mia vita. Il bicchiere è proprio li davanti a me.  L’immagine dell’acqua invade i miei sensi, riesco a sentirne l’odore. Mi chiama a se come fosse una calamita. I miei occhi non battono ciglio per non sprecare neanche un secondo della meravigliosa visione da gustare. Mi giro verso Mr.True
– Grazie per il passaggio –
Ma la scarpa non risponde, rimane li a guardarmi con un sorriso stampato in volto. Non si muove, sembra come aspettarmi, o forse vuole solo gustarsi la scena. Non so, ma neanche mi interessa.
L’acqua finalmente è li davanti a me e ora posso scoprirne il sapore. 

Mi avvicino con cautela, giro dopo giro, rotolando pianissimo. Non ha colore, e il suo odore è talmente lieve che sembra quasi non esistere. Sento dentro di me una voglia di assaggiarla, parte da dentro e invade ogni più piccola particella del mio corpo tozzo. Non mi sembra vero di esserci così vicino. Mi gusto ogni singolo secondo del mio magico momento. Scruto il bicchiere in ogni suo dettaglio. Dal vetro trasuda un alone bianco. Già solo guardandola mi sento bene, appagato. Un sorriso si disegna sul mio viso senza che io me ne accorga. Mi sento come stregato. Mi avvicino, è il momento. Già sento la mia bocca piena di questa bramata sostanza dipinta come letale da menti stolte e limitate. Sto per salire e tuffarmi nel bicchiere per bere la mia conoscenza e dissetare la curiosità nutrita da una vita intera, quando scorgo il riflesso nell’acqua di una forbice triste.
Mi fermi di getto. Guardo meglio. È proprio così. Il riflesso di una forbice vecchia e piena di ruggine mi guarda da dentro il bicchiere. Il suo viso e triste e i suoi occhi chiedono aiuto. Mi allontano. 
– Che cosa hai visto? – chiede Mr. True.
La scarpa è ancora dietro di me. Mi ero dimenticato di lei.
– C’è il riflesso di una forbice nel bicchiere. Com’è possibile? Ho le visioni? – chiedo senza aspettarmi neanche una riposta.
D’un tratto il panico mi assale. Sto diventando matto, non riesco più ad aspettare. Devo assaggiarla.
Ma la voce della scarpa interrompe le grida folli nella mia testa
– Quella forbice si chiamava Pain. Anche lei voleva assaggiare l’acqua e a dirti la verità un pò me la ricordi.
– E perchè è li nel bicchiere? – l’agitazione parla per me.
– Tanti anni fa lei ha assaggiato l’acqua. Da quel momento si è trasformata in un bicchiere. La sua maledizione sarà in eterno quella di contenere per sempre acqua, senza poterla mai più bere. Rimarrà dannata a vita – mi spiega paziente Mr.True.
Non rispondo. Guardo il riflesso di quella forbice inciso nell’acqua. Mi guarda, chiede aiuto. Emana insofferenza. Mi fa pena, avrei voglia di aiutarla, ma mi ripeto che è solo un riflesso. 
Lei però, sa di che sapore è l’acqua. 
Mi fermo. Una voce da dentro mi assale, e mi dice “Assaggiala”.
Non si può negare la propria natura, anche se essa può finire per ucciderti. La voce mi prende e mi guida. Mi tuffo nel bicchiere. Apro la bocca e bevo. Si bevo. Vedo la scarpa dall’altra parte del vetro guardarmi, con occhi languidi, tristi e rammaricati per quanto accaduto.
Vorrei dirle di non preoccuparsi.
Io sono felice. Ho scoperto il sapore dell’acqua.
E lo ricorderò finché non mi romperò, come tutti i bicchieri.


Questo racconto è stato scritto dall’autore durante il corso di Scrittura Creativa de Il Melograno, condotto da Marco Caponera.