Le porte di Hantia

Già da un po’ girava per la città in cerca di scritte e graffiti simili ai suoi, li leggeva sui muri di cinta, sui ponti e sui caseggiati abbandonati. Ne aveva trovati un bel po’ e la cosa sorprendente era che apparivano uguali a quelli che lui stesso disegnava sul suo quaderno, per lo più scritte d’amore.
Come potevano comparire sui muri? Si chiedeva lui.

Io, invece, lo stavo osservando già da tempo, aspettavo il momento in cui si palesasse la sua capacità.
Ero dovuta avvicinarmi ai terreni per tenerlo d’occhio e capire quando sarebbe stato pronto.
Mi chiamo Aria e vengo da Hantia, un mondo magico proprio sotto gli occhi dei terreni, nel vero senso della parola. Infatti siamo capovolti nel loro mondo, ma loro non ne sono a conoscenza, o almeno non tutti. Io posso transitare tra i due mondi per via della mia natura, agli altri servono i varchi che solo Davide, per l’appunto, sa disegnare.
Così vengo tra i terreni ad annoiarmi un po’, osservando Davide come adesso, e nel frattempo mi sfilaccio i jeans neri già abbastanza strappati sulle ginocchia. Lo faccio per noia, è un’ora che è seduto a fare il suo disegno.
Sbuffo un po’ ravvivandomi i capelli rossi. Aspetterò che si alzi, poi lo seguirò.
Finalmente, quando ormai la luce viola del crepuscolo annerisce tutte le forme, Davide ripone il suo quaderno sotto il braccio e si incammina. Arriviamo ad un attraversamento pedonale, lui si ficca una caramella in bocca e, come fa ogni tanto, si aggiusta il cavallo dei pantaloni. Lo fisso, spingendolo a girarsi verso di me:
– Ma lo fai per vizio o ti stanno strette le mutande?
A Davide va di traverso la caramella, comincia a tossire dandosi delle pacche sul petto con un pugno, cercando l’aria. Si riprende un poco ed io sono ancora lì che lo guardo. Ha le lacrime agli occhi ma non è commozione. Mi osserva sorpreso:
– Che vuoi? – Mi chiede.
– È da quando mi sono alzato che mi segui?
– Voglio fare amicizia. – Rispondo schietta.
Mi restituisce uno sguardo con le sopracciglia alzate:
– Sei un tipo timido eh! – Risponde sarcasticamente.
Ho dovuto seguirlo molto gli altri giorni, per conquistarmi qualche ora con lui, così, per non perdere tempo, mi gioco subito l’asso nella manica:
– Io so perché quello che disegni compare in città!
So che non può resistere, ha necessità di sapere.
Gli racconto di Hantia, la nostra città divisa in popoli, più o meno come la terra, solo che noi ne abbiamo due: gli Oscuri ed i Puri.
– Noi siamo i Puri ovviamente! – Dice Davide masticando il pezzo di pollo, che consiste in un quarto dell’animale. Lo osservo un momento, si vede che non è un terreno. Come fanno a non accorgersene? Possiede un’ energia addosso impossibile da non percepire.
Rispondo alla sua domanda:
– No Davide, noi siamo gli Oscuri, siamo noi i cattivi!
Si blocca un istante aggrottando le sopracciglia:
– Che significa, facciamo del male?
– No! Facciamo ciò che deve essere fatto. Punto. In comunione di intenti con l’universo.
– Chi sono i buoni?
– Sono i Puri, gli Arcangeli… Se tu sapessi quanto rompono le palle!
– Chi disegna in giro le stesse cose che faccio io?
– Sei tu Davide, è il tuo potere. Vedi, tu disegni i varchi, io pronuncio gli incanti e li apro. Senza di te gli altri Oscuri non possono varcare le soglie.
– Perché tu sì?
– Non hai ancora capito cosa sono? Sono una strega io!
Sputo il boccone sul piatto sotto lo sguardo stupito di Davide.
– Ma che schifo!- Impreco – Non mi piacciono le olive.-
Solo gli Arcangeli hanno potuto varcare la soglia fino ad ora. Mi ci è voluta un’ora per tentare di spiegargli che deve esserci equilibrio anche tra bene e male, ma non credo che abbia capito.
Sulla terra è necessario mantenere l’equilibrio, gli umani non sanno farlo, quindi noi, gli Oscuri ed i Puri, abbiamo questo compito.
Tralascio la parte che racconta il perché sia stato cresciuto tra i terreni, gli dirò un’ altra volta che lo hanno cresciuto lì perché è figlio di un oscuro e di una terrena e che ora è tempo di tornare.
Non gli dico nemmeno che mi sono innamorata di lui non appena l’ho visto. Da giovane visse per qualche tempo ad Hantia, io allora ero una ragazzina, ma mi bastò vederlo al Concilio per decidere, seduta stante, che lo volevo. Poi lasciò Hantia con la madre.
La missione è riportarlo tra la sua gente e fargli vedere la nostra città. Quest’ultima assomiglia a due vere sovrapposte, ovviamente al centro avevano voluto starci gli Arcangeli, narcisisti! Pure poco simpatici quando ci hai a che fare, soprattutto nel mio caso, dato che non mi sopportano. Non sto mai zitta e non obbedisco!
Possiamo parlare ogni lingua, della terra o magica, e anche l’ambiente, per certi versi, ricorda quello terrestre, salvo per i colori troppo accesi, quasi stomachevoli, o troppo oscuri.
– Mi fai vedere cosa sai fare?
Chiede Davide con un sorriso divertito.
Gli allungo la mano facendo in modo che le sue dita si bagnino nel vino scuro e gli rivolgo le spalle nude. Comincia a segnare la mia pelle con i polpastrelli caldi, non vedo cosa stia facendo, ma sento il potere di ciò che evoca dentro di me.
Pronuncio l’incanto ad occhi chiusi, si alza subito un vortice d’aria e come un vento gli afferro le braccia e ci solleviamo da terra, arrivando al soffitto della stanza.
– Bastardo! – Gli sussurro.
– Ali! Angeliche!- Scoppia in una risata senza trattenersi.
– Tieniti pronto, domani partiamo!
Il lato negativo di essere me è quello di sentire tutto ed io sento Davide nelle viscere, la sua energia calda, forte come la mia. Disegna e scrive frasi d’amore perché è una delle energie più potenti. Se solo sapessero cosa può realmente fare, i terreni non ne parlerebbero soltanto.
Mi desto dal dormiveglia percependo qualcosa, vado a svegliarlo:
– Davide alzati, andiamo ora!
Rimango sulla porta ad osservarlo. Si toglie i pantaloni del pigiama, mostrando due tonde e sode natiche pallide :
– Ma che problemi hai con le mutande? – Sbotto.
– Mi piace dormire libero. – Si difende.
– Muoviti!
Ce ne andiamo in fretta.
– Hai detto a qualcuno che ciò che disegni si manifesta?
– Beh! Facevo delle ricerche, quindi sì, ho chiesto in giro. Perché?
– Perché ci stanno inseguendo, quei pochi umani che sanno ci vogliono, ovviamente.
Arriviamo vicino ad uno dei muri già decorati con le sue visioni dei varchi; mi preparo a recitare l’incanto, chiudo gli occhi, poi lo prendo per mano…
– Non ti fidare di lei!
Dice una voce di donna dal tono fastidiosamente alto. Mi volto dirigendo lo sguardo verso la voce e lo sento dire – Angelina!
– Davide non darle ascolto, devi venire!
La scarsa fiducia in ciò che siamo e in ciò che possiamo fare ci indebolisce, fino a fare in modo che non possiamo più proteggerci a vicenda. Anche questo non ho avuto tempo di dirglielo! Divertente vero? L’arma più potente contro la magia è non credere.
Altri tre uomini si aggiungono a lei, che vibra energie basse e sporche a dispetto della sua figura chiara.
– Davide – lo imploro – Non permettere che i dubbi ti controllino.
Si avvicina a me ed io spero che abbia fede in ciò che gli ho detto.
Sento freddo e la strada mi costringe a piegare le ginocchia; cado sdraiandomi su un fianco e vedo che Davide porta una mano dove ho tatuato il simbolo degli Oscuri, il nostro punto più vulnerabile. Sicuramente doveva averlo visto mentre mi disegnava le ali, ma come fa a sapere che è il mio punto più debole?
Lo guardo negli occhi mentre cado. “Non lui!” imploro a me stessa, “Non tradita da chi amo!”.
Arriva un altro colpo al fianco e la donna e i tre uomini si avvicinano.
Il corpo che ho è fatto di carne e ossa e so che non mi lasceranno aprire la soglia.
Non c’è più speranza, questa è la mia fine. Non ho prestato attenzione, avrei potuto aprire una soglia da sola, ma ormai è troppo tardi.
Sento un forte vento freddo, poi il buio.
Lo sento, lo percepisco profondamente senza aprire gli occhi:
– Michele? Che ci fai qui?
– Aria che cavolo hai fatto?
Cerco di ridere.
– Hai disobbedito Michele! Che razza di Arcangelo sei?
– Stavi morendo Aria, non potevo lasciare che succedesse.