Pioggia

[…] Nuvoloso con probabili schiarite” avevo sentito dire dal meteo poco prima di uscire. Il pane. Devo comprare il pane.
Un passo fuori dalla porta e posso già percepire il vento sulla testa che smuove quei pochi capelli rimasti, facendomi rabbrividire alla sensazione di quella piuma che mi solletica la cute.
Accosto la giacca e comincio a camminare lungo il marciapiede sbiadito. Chissà quante persone vi saranno passate sopra. Chissà quante volte avrò posato il mio piede nello stesso punto, facendo gracchiare gli stessi sassolini sotto la mia suola.
Marcio fino al solito negozio dismesso all’angolo. È così da una vita, all’interno solo della calce abbandonata e dei teloni di plastica decorano l’ambiente.
Mi fermo davanti alla vetrina e sorrido al mio riflesso opaco e polveroso. Faccio un piccolo cenno per salutarmi e parto nuovamente verso la mia destinazione.
È una di quelle giornate in cui tutto ciò che hai attorno prende le sfumature del grigio-azzurro: la strada, le case, la luce delle cose…
Mi fermo nuovamente e d’istinto guardo il cielo. Ecco la causa. Le nuvole assomigliano ad una specie di piumone che mano a mano viene tirato sempre più su da alcune mani invisibili, nascondendo al di sotto un lenzuolo scuro.
Socchiudo gli occhi, impaurito che da un momento all’altro qualche goccia possa finirmi sul viso.
Con la coda dell’occhio noto dei spostamenti accanto a me.
Lì seduto, c’è un gatto. Un gatto che è una sintesi di tutta la gamma di colori presenti, e che mi fissa con quei suoi occhi chiari e penetranti.
– Allora Pioggia, fra non molto farai piovere, giusto?
Le sorrido, e lei piega la testa di lato, muovendo la coda lentamente a destra e sinistra formando dei semicerchi.
– Avevo ragione. Sai, io ho occhio per queste cose. Stamane me lo ero proprio detto, il meteo sbaglia sempre! Per fortuna me lo hai confermato tu, ci sarei rimasto male al pensiero di essere solo un vecchio pazzo!
Pioggia continua a fissarmi, lanciando diverse occhiate al cielo.
– Che fortuna averti incontrato, che sorpresa mi hai fatto! Non penso sia una cosa da tutti incontrare la Pioggia, e non tutti sanno riconoscerla!”
Sorrido compiaciuto. È una bella giornata, proprio una bella giornata!
– Insomma sei tu a manovrare il grande caos del cielo quando le cose si mettono male. Ti dirò una cosa: sei proprio come ti ho sempre immaginata, così tanto che solo uno stupido non avrebbe saputo riconoscerti! Senti, ora però veniamo alle cose importanti, una domanda rapida rapida: ma ce l’ho il tempo necessario per andare a comprare il pane? Voglio dire, con tutto il rispetto dovuto, Signora Pioggia, sarebbe un po’ fastidioso, e per giunta pericoloso andare in giro tutto fradicio alla mia età.
Pioggia, con un movimento fluido ed armonico si alza, cominciando a ticchettare con le sue zampette sull’asfalto, ricordandomi proprio il suono della pioggerella sui finestrini di un’auto.
Mi riprendo lentamente dal mio stato di trance, rincorrendola goffamente.
– Aspetta, aspetta Pioggia! Non esser così imprevedibile, non riesco a starti dietro.
Ma lei non rallenta; sono io a dover stare al suo passo, non il contrario.
Finalmente passeggiamo l’una accanto all’altro, e nel frattempo la mia mente viaggia sempre più.
– Mi sono sempre chiesto: tu, così come sei, come fai a creare tante emozioni contrastanti nelle persone? Sei un abisso d’amore e odio. Voglio dire, hai un potere unico. Riesci a far gioire intere popolazioni e a rattristarne tante altre. Con il tuo solo esplodere sai rendere un istante apparentemente vuoto, differente. Riesci a far credere le persone nella magia, perché infondo, tu sei magia pura. Eppure a te questo non importa. Forse non ne sei nemmeno del tutto cosciente. Te ne stai in mezzo alla gente assistendo al tuo stesso processo, e non chiedi altro. Ciò ti basta.
Chissà quante cose avrai visto. Chissà quanta consolazione avrai dato ad un pianto, facendoti molto più forte di quelle lacrime versate, rispondendo con un silenzioso Non sei sola che vale molto più di qualche parola. Chissà la quantità di amore che avrai assaporato solo bagnando le labbra di due amanti che si baciano. Ed infine, solo tu sai quanti accidenti ti avrà mandato qualche vecchio brontolone come me. Quanti scivoloni avrai procurato egoisticamente solo per noia, ammettilo.
Rido di sottecchi, lanciando uno sguardo a Pioggia che ricambia contrariata.
Rimaniamo in silenzio per un po’, accontentandoci della nostra reciproca compagnia, ed io mi perdo nell’oblio dei miei pensieri, proprio come in una giornata di pioggia. Ti sta vicino ed accompagna tutte le tue riflessioni, ascoltandoti e fregandosene al contempo, senza mai interromperti.
E proprio adesso, nonostante il mio udito malandato, riesco a sentire il tonfo di una goccia sulla mia giacca. Ad una, se ne aggiunge un’altra, e successivamente un’altra ancora, fino a non poter più distinguere la cadenza con cui scendono. Nel mentre, cerco di ripararmi il più che posso, non avendo né un ombrello, né un cappuccio a mia disposizione. Sbadato che non sono altro, e dire che lo sapevo pure!
– Pioggia, Pioggia! Credevo avessimo un accordo. Cosa c’è, vuoi punirmi perché ti ho scoperta? Colpa tua cara, sei tu ad esserti mostrata!
Mi giro, e a Pioggia non potrebbe importare di meno né del mio discorso, né della pioggia stessa che le attraversa il pelo e lascia impronte laddove è ancora asciutto.
Improvvisamente mi guarda, e riesco quasi a percepire un punto interrogativo sul suo muso, cosa che mi fa acquisire una nuova consapevolezza: è solo pioggia. E se vogliamo esser pignoli ed affidarci come sempre agli aspetti materiali e concreti, a questo punto potrei anche dire che mi trovo di fronte ad un gatto che invece di correre al riparo, decide di bagnarsi.
Dunque lascio andare la giacca con la quale mi sono coperto la testa, e comincio ad assaporare quelle gocce che non più mi scivolano sulla pelle, ma vi entrano dentro. Sono piene di qualcosa, piene di vita.
Prendo a ridere, e lo faccio di gusto, come se lo facessi veramente per la prima volta solo ora. Come se scoprissi solo adesso cosa significa essere leggeri. Essere nulla e tutt’uno con qualcosa.
– Pioggia, grazie! Guarda cosa mi hai fatto, sono libero! Rido sempre più forte. Poi, apro gli occhi. Ecco nuovamente la realtà.
A fare da sfondo a me e Pioggia c’è ovviamente una città. Ci sono delle persone, dei bambini, delle macchine.
– Pioggia, ma tu li vedi?
Di udibile c’è solo il rumore dei miei passi, che si mescola a quello della Pioggia.
– Eppure nessuno vede noi. Nessuno ci fa caso, nessuno sembra vagamente incuriosito. Sono io ad essere invisibile, o sono gli altri che non mi vedono? E’ la strada ad essere desolata, o la mente dei passanti, i quali non si accorgono di un vecchio? Un vecchio che parla ad un gatto! A nessuno sembra strano? Sai Pioggia, forse viviamo in una città invisibile. Magari sei tu l’unica a poterci risvegliare col tuo tocco.
Continuo con i miei ragionamenti, non accorgendomi che Pioggia è ora dietro di me, seduta a fissarmi.
Miagola, ed io alzo le sopracciglia. Probabilmente sarà il primo ed ultimo suono che sentirò provenire da lei.
– Che c’è? – e lei volta lo sguardo verso qualcosa dall’altra parte del marciapiede.
C’è un bistrot.
Oh, il pane!
– Caspita! Me ne ero proprio dimenticato. Su, andiamo. Attraversiamo insieme ed io già posso sentire l’odore del pane caldo avvolgermi e sussurrarmi parole dolci allo stomaco.
– Aspettami qui, non credo tu possa entrare. Io torno subito- le dico, e lei educatamente si siede davanti al portone.
Immediatamente prendo del pane appena sfornato, pensando che un pezzo se lo meriti anche lei.
Eppure, nel momento stesso in cui esco dal bistrot, Pioggia non c’è più. Una strana malinconia si pianta lì dove prima avevo sognato il pane.
E proprio adesso mi rendo conto che non piove più. Nemmeno una goccia si azzarda a scendere.
Il cielo è pulito, ed una luce calda si è fatta strada nel frattempo.
Qualcosa di morbido mi accarezza le caviglie. Guardo giù, ed ecco un altro gatto, stavolta completamente bianco, che fa le fusa.
Incontro i suoi grandi occhi dorati:
– Sole, finalmente sei tornato.


Questo racconto è stato scritto dall’autore durante il corso di Scrittura Creativa de Il Melograno, condotto da Marco Caponera.