Quei libri su cui abbiamo messo una croce sopra.

I libri che non riusciamo a leggere possono dirci molto sul tipo di lettore che siamo diventati o che vogliamo diventare. Forse non avevamo l’età giusta per Anna Karenina, forse non era la storia che cercavamo. Chi ha mai detto che dobbiamo leggere gli stessi libri? E soprattutto che ci devono piacere?

Chi di noi non ha quel libro (o libri) che, nonostante gli anni, non riesce a riprendere in mano? Quel libro su cui avevamo posto così tante aspettative che poi sono state deluse; quel libro che non siamo mai riusciti a finire; quel libro che, nonostante tutto e tutti, proprio non ci è andato giù. Quel libro ogni tanto magari ce lo andiamo a riprendere: se ne sta lì, nella nostra libreria, ogni tanto ci facciamo forza e lo rimettiamo nella pila dei libri ‘da leggere’, per non doverci dichiarare arresi, anche se viene poi superato da altri libri da leggere, nuovi, più interessanti, le cui aspettative sono ancora tutte da deludere o il cui sforzo non sembra ancora così grande da farci perdere le speranze. Quel libro su cui abbiamo messo una croce sopra

Di libri con la X io ne ho tanti, fin troppi. Così tanti che nella mia libreria ho aggiunto uno scaffale solo per loro: i libri ciechi. Libri che proprio non vorrei guardare ma che, per una qualche punizione verso me stessa, ho voluto mettere in uno scaffale apposito al centro della libreria. Libri che non voglio vedere ma che finisco per guardare ogni giorno. 

Forse Anna Karenina non lo finirò mai, e Levin continuerà ad arare i campi per sempre nella mia mente; forse il Conte di Montecristo rimarrà il mio libro preferito anche se non mi ricordo praticamente niente della storia. 

Cieco è il libro di Tolstoj, Anna Karenina. Lo sfoglio timidamente, ne ho quasi paura. Il segnalibro è ancora lì, ancorato alla pagina da cui non si vuole staccare. Dovrebbe risalire agli anni del liceo, era uno dei libri da leggere per l’estate. Anna Karenina, però, l’estate non l’ha retta. 
Ogni tanto, quando penso di averlo dimenticato, il libro ritorna alla ribalta grazie ai commenti commossi degli altri. “Il miglior libro mai letto”, “Libri come questo ce ne sono pochi”, “L’ho letto in una settimana”, “L’incipit di Anna Karenina meraviglioso“. E improvvisamente mi sembra di non aver letto l’unico libro che invece a quanto pare dovevo leggere. Sono rimasta indietro, gli altri libri sono stati inutili. Bastava leggere quello ed era fatta. E invece non faccio che pensare ai campi che Levin deve ancora arare. Nella mia testa Levin sta ancora arando i campi. Di quello che è accaduto prima non ho alcun ricordo. Di quello che accade dopo non l’ho mai saputo. 

Dice Umberto Eco, nella rubrica de L’Espresso dal titolo “La bustina di Minerva”, che «se si legge per obbligo (come talora accade a scuola) l’esperienza è noiosa, e quindi è di quelle che non lasciano tracce nella memoria». Dei libri come Anna Karenina di Tolstoj, i “classici”, inseriti nella lista dei “Libri da leggere prima di morire”, libri che rappresentano snodi cruciali dell’esperienza umana, i libri importanti, insomma, la mia memoria non ha riservato alcun ricordo, solo segnalibri lasciati a metà nella sezione cieca della libreria a ricordarmi che dopotutto ero arrivata a un buon punto. 
Mi chiedo da dove nasca la mia resistenza e cerco una risposta al perché, nonostante la croce, la mia mente non si libera dall’obbligo che mi dice di leggere il libro importante. Ci sono giorni in cui la mia speranza si riaccende: era un libro “per obbligo”, mi rincuorano le parole di Eco, non poteva piacermi, oggi lo amerò anche io come tutti gli altri, è vero che l’incipit prende subito… Poi la frustrazione e con lei la rassegnazione: la croce è troppo forte. Ancora, Umberto Eco mi tranquillizza: «non fatevi ricattare da chi vi dice che bisogna leggere solo libri importanti» e prima ancora «perché quel tanto di vita in più che si conquista leggendo non discrimina tra grandi opere d’arte e letteratura di intrattenimento». 

Ripenso alle parole di una mia professoressa del liceo: «Questo libro non vi piacerà, ma è una pietra miliare da cui non si può prescindere se si vuole comprendere il resto della letteratura». Pietra miliare. Anna Karenina. Senza di lui non potevo capire il resto. 
Ma come potevo capire il resto se non capivo neanche la pietra miliare? Che io ricordi, non vi erano spiegazioni, lezioni apposite, ma l’indicazione del titolo, la scadenza, la verifica. E io quel libro l’ho letto, l’ho pure sottolineato, e la verifica l’ho fatta e forse avrò preso anche un bel voto. Di cosa parla? Nessuna traccia nella memoria. 
Li ho odiati al liceo, oggi ne ho quasi paura: ma quell’idea delle pietre miliari, quella specie di rito di passaggio è rimasto talmente radicato dentro di me che me ne sono convinta anche io forse: «Sì, li leggerò, lo giuro» mi giustifico ancora con la professoressa: «appena finisco quest’altro». Questi altri però durano da dieci anni. 
Qual è lo scopo dei libri importanti? Se non riprenderò Anna Karenina non potrò mai dire di aver fatto quel tanto desiderato rito di passaggio? Non potrò mai capire la letteratura? Ma perché mi devo vergognare di leggere un libro ritenuto mediocre? «Per riposarmi tra un Conte di Montecristo e un Gattopardo» mi giustifico ancora. Ma se un libro importante non mi piace devo dirmi spacciata?

Ogni tanto mi piace pensare che, sotto sotto, quelle croci messe tanto tempo fa non solo qualcosa da nascondere, ma possono dirci molto di più sul tipo di lettore che siamo diventati o che vogliamo diventare. Forse non avevo l’età giusta per Anna Karenina, forse non è la storia che cerco, forse dovrei odiare la mia professoressa o forse in quel momento della mia vita non era adatto. Chi ha mai detto che dobbiamo leggere gli stessi libri? E soprattutto che ci devono piacere? 

Una volta con una mia amica, parlavamo delle nostre prossime letture. Che entusiasmo, quanto è eccitante la sensazione di scegliere un nuovo libro, il pensiero di una nuova storia, un nuovo mondo, una nuova avventura. A un certo punto, ho consigliato vivamente alla mia amica di leggere Il conte di Montecristo: «È il mio libro preferito, assolutamente, è lungo, ma davvero ne vale la pena» le ho detto. Lei, giustamente, mi ha chiesto: «Di cosa parla?». Nessuna traccia nella memoria. Ma rimane ancora oggi il mio libro preferito. Un tempo lo è stato per davvero. Dopotutto, è una pietra miliare, quel rito l’ho compiuto. 

Pochi giorni fa ho letto un articolo dal titolo I 20 libri che i lettori fingono di aver letto per far bella figura. Mi sono sentita sollevata. La mia croce su Anna Karenina è la stessa croce che tanti hanno messo su altri libri, magari su un David Copperfield, Il buio oltre la siepe (Questo l’ho letto!), un Moby Dick. Sento che il mio pensiero non è solo, non è campato per aria. Forse anche loro hanno incontrato qualcuno che si è messo a parlare di pietre miliari e riti di passaggio. Altri, vergognandosi di alcuni libri “di intrattenimento”, probabilmente si sentirebbero più giustificati se quegli stessi libri si trasvestissero da pietre miliari: ce lo mostra bene la casa editrice immaginaria “Adelphighetti”. Così la descrizione della pagina: I libri che hai sempre voluto leggere, ma che ti vergognavi di acquistare. Aggiungili senza timore nella tua libreria personale culturalmente elevata. Andate a vederla: non vi viene subito voglia di leggerli? 
Forse Anna Karenina non lo finirò mai, e Levin continuerà ad arare i campi per sempre nella mia mente; forse il Conte di Montecristo rimarrà il mio libro preferito anche se non mi ricordo praticamente niente della storia. 
Ogni tanto mi piace pensare che, sotto sotto, quelle croci messe tanto tempo fa non solo qualcosa da nascondere, ma possono dirci molto di più sul tipo di lettore che siamo diventati o che vogliamo diventare. Forse non avevo l’età giusta per Anna Karenina, forse non è la storia che cerco, forse dovrei odiare la mia professoressa o forse in quel momento della mia vita non era adatto. Chi ha mai detto che dobbiamo leggere gli stessi libri? E soprattutto che ci devono piacere? 
Se per sentirmi lettrice devo leggere tutte le pietre miliari, se per sentirmi scrittrice devo scrivere una pietra miliare, beh, sono spacciata. E, invece, nonostante lo scaffale cieco, continuo a leggere e gli autori continuano a scrivere storie, pietre miliari per me ma non per altri e viceversa. Perché? 

Per quel tanto di vita in più

«Eppure ho la sensazione di avere avuto un’infanzia lunghissima e piena proprio perché è piena di ricordi che ho rubato ad altri, li ho rubati a Sandokan e a Yanez mentre correvano con il loro praho i mari malesi, a d’Artagnan mentre duellava con il barone de Winter, all’Uomo Mascherato che perdutamente inseguiva Diana Palmer, e persino a Renzo e a Lucia in fuga sul lago di Como». (Umberto Eco). 

Milena Fantoni, scrittrice e studentessa di linguistica italiana a Torino.
Ama leggere le storie degli altri: un giorno vorrebbe scrivere la sua.
Trovala su LinkedIn

La virgola è la porta girevole del pensiero.

Se tutti sapessero di più su ciò che ci circonda, il mondo sarebbe un posto migliore. Il nostro magazine di divulgazione culturale è gratis e libero, così da permettere a tutti di sapere di più.
Se ti piacciono i nostri articoli, potrai contribuire anche tu a raggiungere questo scopo.