Il mondo sommerso delle playlist più assurde che puoi trovare in circolazione.

Sul gruppo Facebook Oddly Specific Playlist più di 30 mila appassionati creano e si scambiano playlist che evocano emozioni, stati d'animo e situazioni particolari. Come i CD masterizzati e le cassette negli anni 80/90.

Fernando Lavin

La musica fino a una dozzina di anni fa si trovava ancora in una terra di mezzo tra il digitale e il supporto fisico. La rivoluzione Spotify approdò in Italia solo nel 2013: prima di allora il modo in cui ascoltavamo i nostri brani preferiti era radicalmente diverso. Oggi, pagando un abbonamento fisso al mese abbiamo accesso comodamente a quasi tutta la musica presente sul mercato mondiale. Prima di allora, se volevamo ascoltare un album, dovevamo scaricarlo dagli store online oppure, cosa di gran lunga più diffusa tra gli adolescenti che come me vivevano di pochi soldi da spartire tra le prime sigarette e le uscite con gli amici, da piattaforme come l’indimenticabile Emule o da siti che convertivano video YouTube in mp3. In questo modo la scelta dei nostri ascolti era estremamente selezionata rispetto a ora, i nostri mp3 o Ipod erano piccoli templi sacri in cui inserire le nostre cartucce migliori (anche e soprattutto per ragioni di spazio nella memoria).

Prima di Spotify, nella maggior parte dei casi si trattava di creare un CD masterizzato per qualcuno per cui ti eri perso una cotta. Poi c’erano anche quelli come me: gente un po’ fissata e metodica che creava playlist suddividendo le canzoni preferite in base ai decenni, ai sottogeneri e a volte perfino in base al mood.

Il concetto di “playlist” era ancora molto primitivo: nella maggior parte dei casi si trattava di creare un CD masterizzato per qualcuno per cui ti eri perso una cotta. Poi c’erano anche quelli come me: gente un po’ fissata e metodica che creava playlist suddividendo le canzoni preferite in base ai decenni, ai sottogeneri e a volte perfino in base al mood (ancora oggi ho in auto un CD risalente ai miei 18 anni con la scritta “CD carico” che conteneva al suo interno hit del calibro di “Highway to hell”, “Chop Suey”, “Sweet child O’ mine”). Il tutto per venire incontro per lo più a esigenze emotive e situazionali: ovviamente la musica da ascoltare prima di iniziare un sabato sera è nettamente diversa da quella nella quale ci crogioliamo dopo una rottura devastante.
Poi arrivò Spotify che sulle sue playlist ha costruito gran parte della sua fortuna: ci sono quelle divise per decenni, per genere, per tema, per attività, perfino quelle personalizzate che permettono all’utente di scoprire nuovi artisti in base agli ascolti più frequenti.

Esistono utenti che, creando playlist, non si limitano a sfruttare lo strumento per avere la giusta colonna sonora per fare esercizio o per concentrarsi meglio durante il lavoro. Raggiungono un nuovo livello nel quale con una lista di riproduzione rispondono a esigenze che nemmeno sapevamo di avere.

Anche gli user sulla piattaforma hanno la possibilità di creare liste di riproduzione personalizzate. Da qui si è sviluppato un vero e proprio mondo sommerso. Esistono utenti che, creando playlist, non si limitano a sfruttare lo strumento per avere la giusta colonna sonora per fare esercizio o per concentrarsi meglio durante il lavoro. Raggiungono un nuovo livello nel quale con una lista di riproduzione rispondono a esigenze che nemmeno sapevamo di avere.
E c’è un luogo magico per tutto questo a metà strada tra trash e arte. E dove poteva trovarsi se non nell’iperuranio di Facebook? Lo spazio virtuale in questione porta il nome di oddly specific playlists (che io tradurrei con “playlist assurdamente specifiche”). Si tratta di un gruppo chiuso che raccoglie al suo interno un microcosmo di appassionati di musica che si divertono a creare liste di riproduzione rispondendo a esigenze, canoni particolari o situazioni estremamente specifiche. Il gioco è divertente sotto moltissimi punti di vista: ad esempio gli utenti lasciano molto spesso le loro playlist aperte in modo tale che tutti possano contribuire. Ma l’intrattenimento vero lì dentro è costituito dai componenti del gruppo che condividono le loro playlist assurdamente specifiche.
Senza indugi, ecco alcuni degli esempi più assurdi che sono riuscita a trovare:


When you do a massive poo in someone’s house and… it won’t flush ? Cioè quando fai una cacca enorme a casa di qualcuno ma… non scende con lo sciacquone.
Mi sono trovata davanti a questa playlist e ho riso senza ritegno, lo ammetto. In questo caso, aprendo il link, vedrete che sono i titoli a fare tutto il gioco. Ve ne anticipo giusto un paio: “It Wasn’t me” di Shaggy e “Oops!… I didi t again” di Britney Spears.

Villan Origin Story La storia delle origini del cattivo. La descrizione della ragazza che l’ha creata recita: “Ho fatto questa playlist un po’ di tempo fa. È una playlist con canzoni che ti faranno sentire come un cattivo dei film.” Avete sempre tifato contro quegli spocchiosi dei supereroi? Qualcuno ha pensato alla colonna sonora adatta a voi. Ecco alcuni esempi dei brani che contiene: “Ruiner” dei Nine Inch Nails e “Sabbath bloody sabbath” dei Black Sabbath.

How metal would sound if it was discovered in 1778 Ovvero, come suonerebbe il metal se fosse stato scoperto nel 1778. Di questa non vi anticipo niente. Va ascoltata, punto e BASTA.

Abbiamo parlato del lato “oddly” del gruppo. Ora vi parlerò della parte “specific”. Ci sono utenti che creano playlist che evocano emozioni, situazioni molto particolari, o che cercano una singolarissima cifra sonora che percorre diverse canzoni. Ecco di seguito alcuni esempi:

His parent’s gallery Il museo dei suoi genitori. Una ragazza ha raccolto in questa playlist canzoni da ascoltare mentre si cammina lentamente per le stanze di un museo. A me sono già venute in mente 10 canzoni perfette per lo scopo, non so a voi.

Marmaid’s lullaby La ninnananna della sirena. L’utente in questione era alla ricerca di suggerimenti per inserire nella sua lista di riproduzione canzoni che avessero al loro interno una voce simile a quella di una sirena malinconica. Esperimento riuscito.

Falling in love at 3 am in a grocery store Innamorarsi alle 3 del mattino in un negozio di alimentari. Il titolo è di per sè molto eloquente. Ciò che stupisce è la forza evocativa che le canzoni hanno in abbinamento al nome della playlist. Se chiudi gli occhi, riesci a viverlo.

Parafrasando una frase di Troisi ne “Il postino”, le canzoni sono di quelli a cui servono. E oddly specific playlists incarna alla perfezione il concetto.

La virgola è la porta girevole del pensiero.

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